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Articolo 21 - Editoriali
Il suicidio istigato di Barcellona Pozzo di Gotto. Cannibalismo al “Mammagialla”?
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di Valter Vecellio

Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto: cronaca di un suicidio istigato: M.S., paziente-detenuto nell’OPG si toglie la vita. Era reduce (ma più propriamente bisognerebbe dire vittima) di ben sette proroghe della misura di sicurezza. Originario di Cremona, M.S. era stato internato dal 2006 al 2008; successivamente era stato accolto in licenza finale presso la Comunità di San Colombano al Lambro, dalla quale però si era allontanato, finendo nuovamente all’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto. Lì è rimasto, di proroga in proroga, fino al giorno in cui ha deciso di farla finita. Per qualche tempo era anche stato ospite della Casa di solidarietà e accoglienza di padre Pippo Insana, una “licenza d’esperimento”: “Si era mostrato sereno, collaborativo e d’iniziativa”, racconta padre Insana. “Aveva in cuore la libertà. Ad agosto sarebbe stato libero e si sarebbe nuovamente avvicinato alla madre. Ma il magistrato di sorveglianza di Messina, pur in presenza di una relazione positiva dell’Opg, aveva rinnovato la proroga di ulteriori sei mesi perché i Centri psichiatrici sociali e i Sert di Cremona non avevano prodotto alcun progetto riabilitativo personalizzato. Provo molta rabbia per quello che è successo. Purtroppo la Lombardia è totalmente assente, e i Cps si giustificano sostenendo di non avere posto in comunità o risorse finanziarie. In realtà manca il lavoro di coordinamento e non vengono rispettati i bacini d’utenza. Il posto di M.S. sarebbe stato a Castiglione delle Stiviere, non Barcellona”.
   La Lombardia del governatore Roberto Formigoni, così sensibile alla vita da preoccuparsi di feti e delle loro sepolture, e – sempre in nome della vita, nega la possibilità che in una sua struttura Eluana Englaro possa spegnersi serenamente dopo anni di non-vita, come dice padre Insana, “è totalmente assente”: “Manca il lavoro di coordinamento e non vengono rispettati i bacini di utenza”. Quello di M.S. recluso a Barcellona Pozzo di Gotto solo e perché non c’era altro luogo dove ospitarlo, non è, dunque, solo un suicidio.
   A Barcellona Pozzo di Gotto su 173 internati definitivi, ben 118 sono in proroga della misura di sicurezza. Dopo il sequestro e lo sgombero del primo reparto disposto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, le presenze complessive si sono ridotte a 314, comunque ben oltre la capienza massima di 250. Adesso gli Opg, avranno altri cinque mesi per rivedere e adeguare i locali agli standard ospedalieri nazionali e regionali, pena il sequestro e la chiusura. Un obiettivo che in Sicilia, dove la Regione non ha ancora recepito il decreto della Presidenza del consiglio dei ministri che prevede il passaggio dell’assistenza sanitaria dall’amministrazione penitenziaria alla Sanità, non sarà attuabile.
   Da Barcellona Pozzo di Gotto a Viterbo. Luigi Floris, segretario provinciale del SAPPE, e Gennaro Natale, dell’OSAPP (due sindacati di polizia penitenziaria), denunciano episodi la cui gravità non ha bisogno di essere sottolineata. Ma lasciamo la parola a Floris e a Natale.
   “Sappiamo da fonti certe che nel carcere di Viterbo succede di tutto, come atti di cannibalismo (sembrerebbe di alcuni giorni fa il gesto di un detenuto che dopo essersi tagliato i lobi delle orecchie pare che li abbia mangiati in segno di protesta all’enorme affollamento) e assegnazioni sconsiderate (ci segnalano il caso di un detenuto assegnato da Roma nonostante la presenza nell’istituto, del fratello di colui che lui stesso ha ucciso all’inizio del 2011, praticamente quasi impossibile evitare un altro omicidio; solo l’attenta e professionale azione del locale reparto di polizia penitenziaria ha potuto evidenziare il fatto e scongiurare il peggio)”.
   Floris e Natale raccontano di un episodio accaduto recentemente: “Un detenuto con gravi patologie psichiatriche (tanto che sembrerebbe inopportuna la sua detenzione in carcere anche secondo i medici) che nel carcere di Civitavecchia si è tagliato la gola cercando di uccidersi, è stato ricoverato al reparto di medicina protetta di Belcolle, piantonato a vista da un ausiliario della Asl, in attesa di essere mandato alla sezione di osservazione psichiatrica a Roma, è stato dimesso dall’ospedale e assegnato al carcere di Viterbo. Il detenuto è stato dimesso dall’ospedale perché ingestibile in un reparto di medicina protetta, figuriamoci nell’ambito di un istituto che vede la presenza di 750 detenuti, sezioni super affollate, carenza di personale a tutti i livelli e mancanza di un servizio psichiatrico continuativo su tutte le 24 ore. Nel famoso gioco dello “scarica barile” non permetteremo che a rimetterci siano i colleghi che ogni giorno con sacrificio assicurano allo stato un servizio fondamentale”.
   “Ci hanno fatto passare l’estate senza un direttore titolare, sovraffollati come pochi altri in tutto il territorio nazionale, senza personale, senza adeguati livelli di professionalità specialistiche (solo tre psichiatri per 750 detenuti di cui oltre 100 con patologie psichiatriche), senza mezzi per contrastare le criticità. Abbiamo circa 100 detenuti psichiatrici di cui 20 definiti “acuti”. La loro gestione è pressoché impossibile in ambiente penitenziario, addirittura alcuni di loro andrebbero contenuti con dei mezzi di coercizione. Nonostante ciò continuano ad assegnare detenuti con patologie psichiatriche. Non è un problema solamente penitenziario, ma territoriale, di sicurezza. A fronte di una capienza di 150 detenuti Alta Sicurezza (per chi non conosce le dinamiche penitenziarie si tratta di boss mafiosi di secondo livello, killer assoldati dai clan mafiosi, ex 41 bis e comunque figure che compaiono nell’ambito delle associazioni mafiose) il dipartimento centrale ne ha assegnati ben 175. Nei giorni più caldi dell’anno, in piena emergenza, nella sezione isolamento si sono trovati costantemente circa 18-20 Alta Sicurezza su 26 posti disponibili. Avvengono commistioni tra detenuti comuni ed Alta Sicurezza tanto da, appunto, compromettere l’intera sicurezza del territorio.
   Più volte abbiamo segnalato la problematica agli uffici centrali senza successo. Una situazione tale da dover sospendere le punizioni dei detenuti comuni per mancanza di posti nella sezione isolamento. Gli stessi detenuti Alta Sicurezza, ristretti loro malgrado e senza aver commesso alcuna infrazione, nelle celle dell’isolamento con i disagi che ciò comporta. L’ordine e la sicurezza interna risultano compromessi, tanto che per garantire l’ora d’aria ai detenuti Alta Sicurezza il personale di Polizia è costretto ad accompagnare, a piccoli gruppi, i detenuti nei cortili che si trovano dall’altra parte dell’istituto. Le sanzioni dell’isolamento, per i detenuti comuni, sono praticamente sospese per mancanza di posti; viceversa i detenuti Alta Sicurezza appoggiati nella sezione soffrono l’isolamento senza aver commesso nessun fatto di rilievo disciplinare. Il dipartimento considera il carcere di Viterbo un vero e proprio immondezzaio, dove scaricare tutte le criticità di livello regionale”.
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