Articolo 21 - Editoriali
Assisi: una lezione per tutti
di Flavio Lotti*
La Giornata per la pace e la giustizia
nel mondo che oggi si celebra ad Assisi deve essere occasione di riflessione per tutti, credenti e non credenti, persone e istituzioni, forze politiche e associazioni. Ad un mese dalla Marcia Perugia-Assisi, che ha visto la partecipazione straordinaria di oltre duecentomila persone, essa ripropone un obiettivo e un metodo. L’obiettivo è la pace e la giustizia, il metodo è quello del cammino, dell’incontro e del dialogo.
Innanzitutto l’obiettivo. Viviamo in un tempo in cui pace e giustizia sono state cancellate dall’agenda della politica e dei governi. Chi si pone ancora oggi questi obiettivi? Chi definisce il suo programma politico in base a questi obiettivi? Quali agende politiche gli danno il rilievo che meritano? In un mondo dominato dal pragmatismo e dall’utilitarismo o, se si preferisce, dal pragmatismo utilitario, gli obiettivi della pace e della giustizia vengono tutt’al più considerati come grandi ideali irraggiungibili e quindi non perseguibili. Non è un caso se chi opera o manifesta per la pace e la giustizia viene a buon cuore definito “idealista”, ovvero uno che insegue dei sogni e non vuole fare i conti con la realtà. Quegli obiettivi che i nostri padri avevano accuratamente iscritto nella Costituzione e nelle carte fondamentali dell’umanità e che dovrebbero essere considerati da tutti patrimonio comune, oggi sono dimenticati o confinati nel campo astratto e ovattato dei “valori”, un campo dove le parole vengono manipolate e straziate per poi essere strumentalizzate come e quando viene utile. Ad occupare la scena oggi restano solo i contrari: guerra, guerra civile, guerra “umanitaria”, guerra infinita, uccisioni, repressione, violenza, torture, terrorismo, violazione dei diritti umani, fame, miseria, sfruttamento, abbandono, neocolonialismo, migrazioni, ingiustizie, razzismo, discriminazioni,… E i contrari descrivono una realtà sempre più drammatica e caotica con la quale è impossibile non fare i conti. I leader religiosi che oggi s’incontrano ad Assisi nel nome della pace e della giustizia sanno di dover fare la loro parte per mettere fine alle guerre di religione e per far sì che tutte le religioni e tutti i credenti possano divenire realmente strumenti di pace. E’ tempo che anche i leader politici facciano altrettanto. Rimettere la pace e la giustizia al centro del proprio programma politico vuol dire proporre una nuova cultura e una nuova agenda politica. Una cultura alternativa a quelle responsabili dei tanti disastri e delle tante crisi dei nostri giorni e un’agenda che risponda finalmente ai bisogni vitali e ai diritti di ogni persona. Nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive, a livello locale come in quello nazionale e internazionale.
L’incontro di Assisi non indica solo un obiettivo, ma anche un metodo che ci può aiutare anche ad affrontare il tempo difficile che stiamo vivendo: quello del cammino, dell’incontro e del dialogo. Il cammino verso Assisi è una metafora del cammino che dobbiamo fare per conquistarci un po’ più di pace e di giustizia. Chi pensa di salvarsi rinchiudendosi nelle proprie case, nei propri circoli e nelle proprie certezze, chi pensa di alzare muri sempre più alti anziché abbatterli, chi non si predispone alla ricerca di nuove strade e a un cambiamento di prospettiva finirà per diventare, se non lo è già diventato, parte del problema. Vale per ciascuno di noi, vale per le religioni e vale per la politica che resta chiusa nelle sue pratiche e nei suoi palazzi, sempre più impotente e sempre meno credibile. L’incontro di Assisi ha anche un altro valore simbolico e metodologico molto importante: quello dell’incontro tra diversi. Andare ad Assisi oggi vuol dire accettare la sfida dell’incontro tra diversi. Diverse le religioni, le culture, le identità, le fedi, le preghiere e i modi di pregare. In un tempo segnato dalla lotta di tutti contro tutti, dalla frammentazione sociale e politica, dall’esplosione degli egoismi e dei “nazionalismi”, dalla nascita di nuove patrie, l’incontro di Assisi serve a contrastare l’idea che gente diversa non possa vivere insieme. Se vogliamo vivere in pace non abbiamo alternative: dobbiamo imparare a convivere tra diversi, nelle nostre città, nelle nostre associazioni, in politica come nelle istituzioni. Per gestire questa sfida, al centro della Giornata di Assisi è stato scelto, ancora una volta come un quarto di secolo fa, il metodo del dialogo. Dialogo è una parola facile ma una pratica difficile. Perché sia autentico servono una cultura e un linguaggio appropriati, disponibilità ad abbattere muri e divisioni anche feroci, e soprattutto tanta umiltà, mitezza, rispetto, disponibilità all’ascolto e alla comprensione. A questo dobbiamo educarci tutti, politica inclusa.”
*Coordinatore nazionale della Tavola della pace
Innanzitutto l’obiettivo. Viviamo in un tempo in cui pace e giustizia sono state cancellate dall’agenda della politica e dei governi. Chi si pone ancora oggi questi obiettivi? Chi definisce il suo programma politico in base a questi obiettivi? Quali agende politiche gli danno il rilievo che meritano? In un mondo dominato dal pragmatismo e dall’utilitarismo o, se si preferisce, dal pragmatismo utilitario, gli obiettivi della pace e della giustizia vengono tutt’al più considerati come grandi ideali irraggiungibili e quindi non perseguibili. Non è un caso se chi opera o manifesta per la pace e la giustizia viene a buon cuore definito “idealista”, ovvero uno che insegue dei sogni e non vuole fare i conti con la realtà. Quegli obiettivi che i nostri padri avevano accuratamente iscritto nella Costituzione e nelle carte fondamentali dell’umanità e che dovrebbero essere considerati da tutti patrimonio comune, oggi sono dimenticati o confinati nel campo astratto e ovattato dei “valori”, un campo dove le parole vengono manipolate e straziate per poi essere strumentalizzate come e quando viene utile. Ad occupare la scena oggi restano solo i contrari: guerra, guerra civile, guerra “umanitaria”, guerra infinita, uccisioni, repressione, violenza, torture, terrorismo, violazione dei diritti umani, fame, miseria, sfruttamento, abbandono, neocolonialismo, migrazioni, ingiustizie, razzismo, discriminazioni,… E i contrari descrivono una realtà sempre più drammatica e caotica con la quale è impossibile non fare i conti. I leader religiosi che oggi s’incontrano ad Assisi nel nome della pace e della giustizia sanno di dover fare la loro parte per mettere fine alle guerre di religione e per far sì che tutte le religioni e tutti i credenti possano divenire realmente strumenti di pace. E’ tempo che anche i leader politici facciano altrettanto. Rimettere la pace e la giustizia al centro del proprio programma politico vuol dire proporre una nuova cultura e una nuova agenda politica. Una cultura alternativa a quelle responsabili dei tanti disastri e delle tante crisi dei nostri giorni e un’agenda che risponda finalmente ai bisogni vitali e ai diritti di ogni persona. Nei programmi dei partiti e dei governi ciascun diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato concretamente in politiche pubbliche e misure positive, a livello locale come in quello nazionale e internazionale.
L’incontro di Assisi non indica solo un obiettivo, ma anche un metodo che ci può aiutare anche ad affrontare il tempo difficile che stiamo vivendo: quello del cammino, dell’incontro e del dialogo. Il cammino verso Assisi è una metafora del cammino che dobbiamo fare per conquistarci un po’ più di pace e di giustizia. Chi pensa di salvarsi rinchiudendosi nelle proprie case, nei propri circoli e nelle proprie certezze, chi pensa di alzare muri sempre più alti anziché abbatterli, chi non si predispone alla ricerca di nuove strade e a un cambiamento di prospettiva finirà per diventare, se non lo è già diventato, parte del problema. Vale per ciascuno di noi, vale per le religioni e vale per la politica che resta chiusa nelle sue pratiche e nei suoi palazzi, sempre più impotente e sempre meno credibile. L’incontro di Assisi ha anche un altro valore simbolico e metodologico molto importante: quello dell’incontro tra diversi. Andare ad Assisi oggi vuol dire accettare la sfida dell’incontro tra diversi. Diverse le religioni, le culture, le identità, le fedi, le preghiere e i modi di pregare. In un tempo segnato dalla lotta di tutti contro tutti, dalla frammentazione sociale e politica, dall’esplosione degli egoismi e dei “nazionalismi”, dalla nascita di nuove patrie, l’incontro di Assisi serve a contrastare l’idea che gente diversa non possa vivere insieme. Se vogliamo vivere in pace non abbiamo alternative: dobbiamo imparare a convivere tra diversi, nelle nostre città, nelle nostre associazioni, in politica come nelle istituzioni. Per gestire questa sfida, al centro della Giornata di Assisi è stato scelto, ancora una volta come un quarto di secolo fa, il metodo del dialogo. Dialogo è una parola facile ma una pratica difficile. Perché sia autentico servono una cultura e un linguaggio appropriati, disponibilità ad abbattere muri e divisioni anche feroci, e soprattutto tanta umiltà, mitezza, rispetto, disponibilità all’ascolto e alla comprensione. A questo dobbiamo educarci tutti, politica inclusa.”
*Coordinatore nazionale della Tavola della pace
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