di Filippo Rossi*
Peggio del SOPA, ecco il Fava. Ecco la ragione per cui è necessario mobilitarci, ora, a difesa della Rete e della libertà di espressione. Eppure, oltre l’intervento di Guido Scorza pubblicato da Il Fatto Quotidiano, l’arrivo in Parlamento dell’articolo 18 della nuova legge comunitaria, alias emendamento Fava, pare non scaldare gli animi e, finora, passa sotto silenzio. Anche se contiene tre norme che lo rendono peggiore del SOPA.
In estrema sintesi l’emendamento altro non è che un gesto non solo minaccioso, ma violento nei confronti della Rete. Una sorta di assassinio doloso del web, praticato da un (solito) esponente della Lega, capace di mostrare, così, tutta la cultura liberticida del proprio partito. Nello specifico, invece, il buon Giovanni Fava, l’Onorevole anti-libertà, firma tre condanne a morte per la Rete, passate l’altro ieri al voto della Commissione politiche comunitarie.
Le norme riguardano il ruolo dei famigerati prestatori di servizi Internet: Yahoo, Google, Bing, i classici nemici contro i quali da tempo si batte una certa politica animata da sentimenti di ostilità e chiusura. Intanto. il prestatore di servizio ha l'obbligo di monitoraggio preventivo di attività o contenuti potenzialmente illeciti. Tale attività di controllo dovrebbe avvenire sulla base di precedenti segnalazioni. In pratica l'emendamento stabilisce una correlazione tra illeciti passati e quelli futuri. Prima del reato vale la presunzione del reato, la possibilità che venga compiuto. Un principio assolutamente inammissibile.
I fornitori di servizi, poi, avrebbero l’obbligo di rimuovere i contenuti illeciti su segnalazione di qualunque soggetto interessato. Non è previsto nessun ricorso all'Autorità Giudiziaria, chi se ne frega, nessuna possibilità di verificare l'effettiva illiceità di un contenuto. Ecco perché il fava è peggiore del SOPA, che almeno prevede l’intervento di una autorità competente.
La terza illiberale idea che è saltata in testa all'onorevole leghista: i fornitori di servizi online che mettono a disposizione strumenti di promozione di attività ritenute, in seguito, illecite, rispondono di una sorta di “concorso di colpa”. Google, Bing, Yahoo, che forniscono spazio per gli inserzionisti, YouTube e Facebook, che promuovono contenuti sulle proprie piattaforme, avrebbero una sorta responsabilità sulla liceità dei prodotti e delle attività promosse. Significa la morte del commercio elettronico.
La norma, inoltre, arriva in Parlamento mentre siamo ancora in attesa del parere della Commissione Europea richiesto a suo tempo rispetto al Ddl Fava, di cui l’articolo 18 è una sorta di grande sintesi. La risposta della Commissione non arriverà prima del 20 Febbraio, mentre l’emendamento leghista è già bello lì, in discussione.
Insomma, sono molteplici le ragioni per cui organizzare un movimento anti-Fava. Se non altro per squarciare il silenzio che lo avvolge, già oggi, a due giorni dalla approvazione in commissione, con il silenzio dei giornali. Raccogliamo le firme, partiamo da qui. Urliamo con tutta la nostra forza l’opposizione a una norma liberticida e angusta. Gridiamo, così, tutto il nostro amore per la libertà di espressione.