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Articolo 21 - Editoriali
Le vittime dimenticate dell’olocausto
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di Marinella Zetti

Il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oƛwięcim (più nota con il suo nome tedesco di Auschwitz) si trovarono di fronte a un’atroce scoperta: il campo di concentramento con quanto vi era accaduto di atroce. Il ritrovamento di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente, per la prima volta al mondo, l'orrore del genocidio nazista.
Ma quello che per molto tempo non si è saputo è che - oltre a ebrei, disabili, malati mentali, oppositori politici, Rom, Sinti e Testimoni di Geova - nei campi di concentramento furono rinchiusi anche omosessuali e transessuali. La loro prigionia iniziò nel 1933 con i primi internamenti a Fuhlsbuttel, nel 1934 a Dachau e Sachsenhausen; inoltre, molte centinaia di omosessuali furono catturati e rinchiusi in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936 per "ripulire le strade".

I triangoli rosa restarono in carcere
La legge tedesca, nota come Paragrafo 175, proibiva l’omosessualità e, secondo le ricostruzioni storiche, più di 100mila gay/transessuali furono arrestati tra la fine degli anni 30 ed i primi anni 40.
Tra loro circa 15mila (ma i numeri reali non si sapranno mai) furono mandati nei campi di concentramento dove all’inizio vennero identificati dai termini homo o Paragrafo 175 sulle loro uniformi, in seguito dal triangolo rosa cucito all’altezza del petto.
Paradossalmente, quando arrivarono gli Alleati nemmeno questo simbolo li aiutò. I triangoli rosa non riacquistarono subito la libertà.
Americani ed inglesi non considerarono gli omosessuali come gli altri prigionieri ma come criminali comuni. Inoltre, per molti di loro, non vennero considerati gli anni passati in campo di concentramento equivalenti agli anni di carcere. Per questo ci furono omosessuali che dovettero scontare gli anni restanti della condanna in una prigione. Come dire, oltre al danno la beffa.
Vale la pena di ricordare che in Germania il Paragrafo 175 è stato abrogato solo nel 1969 e l'omosessualità è stata totalmente depenalizzata solo nel 1994. Infine, sempre in Germania, le vittime omosessuali del nazismo sono state riabilitate solo nel 2002, ma non le persone condannate dopo il 1945 in virtù del Paragrafo 175.

Omosessualita’, una malattia degenerativa
Definire con precisione quanti omosessuali, lesbiche e transessuali furono uccisi nei campi di sterminio è molto difficile – il numero oscilla tra 10mila e 600mila -  ma dalle testimonianze raccolte si può affermare che la vita nei campi di concentramento per i triangoli rosa fu terribile e seconda per violenza soltanto a quella tributata ai prigionieri ebrei.
I nazisti consideravano l’omosessualità “abituale” una malattia degenerativa della "razza ariana" e, per questo motivo, sugli omosessuali vennero condotti con particolare intensità esperimenti pseudoscientifici quasi sempre mortali. In più, come emerge dalle testimonianze, l'accanimento delle SS contro gli omosessuali fu particolarmente violento.
Inoltre, sempre secondo il racconto dei testimoni, più di altri i prigionieri omosessuali e transessuali subivano un crollo psicologico profondissimo e molti tra loro assumevano un atteggiamento di rinuncia alla sopravvivenza con un tasso di suicidi estremamente elevato; molti di loro morirono per essersi gettati sul filo spinato elettrificato dei campi o perché rifiutarono il cibo.
Tra le vittime dimenticate dobbiamo riservare uno spazio alle donne: alle lesbiche infatti non veniva nemmeno riconosciuta la loro omosessualità, esse erano semplicemente “soggetti asociali” e portavano un triangolo nero. In un primo tempo anche agli omosessuali e ai transessuali venne applicato lo stesso triangolo nero, successivamente modificato in rosa.
Mentre scrivo questo articolo ripenso a quei politici, a quei criminologi nostri contemporanei, che definiscono l’omosessualità “una turba psichica” e non posso fare a meno di chiedermi: ma queste persone hanno mai studiato la storia? Si sono mai sforzate di apprendere la lezione che il passato ci ha  dato? Come mai non hanno ancora capito che il giudizio, la condanna e la stigmatizzazione di un’accusa possono trasformarsi in violenza?


Il giorno della memoria in italia

Molte Nazioni celebrano il Giorno della Memoria il 27 gennaio, anche l’Italia nel 2000 ha deciso di dedicare tale giornata alla commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

Anche la Comunità Lgbtqi organizza numerosi eventi per ricordare i triangoli rosa, ma io vorrei attirare la vostra attenzione su quanto purtroppo accade in questi giorni: il 26 gennaio 2011 è stato ucciso David Kato Kinsule, insegnante, considerato il padre del Movimento Lgbtqi ugandese; ieri a Roma nel quartiere San Lorenzo le porte del collettivo femminista e lesbico “22 via dei Volsci” sono state imbrattate con scritte omofobe e sessiste. E questi sono solo due esempi. Ogni giorno nel mondo vengono offese, discriminate, picchiate, incarcerate e giustiziate persone omosessuali o transessuali. E poi ci sono tutti i suicidi… omosessuali o transessuali che anche ai giorni nostri non ce la fanno a sopportare offese, ingiurie, discriminazioni e rinunciano a vivere.

Voglio chiudere il mio intervento con le parole scritte da Riccardo Pacifici, Presidente Comunità Ebraica di Roma, nella lettera di adesione alla Mostra Omocausto. Lo sterminio dimenticato degli omosessuali’ (fino al 3 febbraio nell’Ufficio demografico del Municipio XI di Roma).
Scrive Pacifici: “Lo sforzo ed il cammino comune passa nell'evidenziare sempre più come, oltre ai sei milioni di ebrei, anche altre "categorie" di cittadini hanno subìto, seppur in forme e accanimenti diversi, la stessa sorte che è toccata a noi ebrei. Omosessuali, Sinti e Rom, Testimoni di G., Oppositori Politici, Disabili, ecc, ecc. Ognuno di loro merita il nostro rispetto. Soprattutto il dovere del ricordo del loro immenso sacrificio. Ed è attraverso il ricordo comune di quegli anni bui che possiamo trovare maggior forza oggi e sopratutto domani, per combattere gli spacciatori dell'odio.”
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