di redazione*
Rachel Corrie muore a Rafah nella Striscia di Gaza il 16 marzo 2003, mentre tenta di impedire che un bulldozer dell’esercito israeliano demolisca la casa di una famiglia palestinese. Tre giorni dopo, nonostante le proteste del movimento pacifista in ogni parte del mondo, gli USA invadono l’Iraq dando inizio alla sanguinosa operazione Iraqi Freedom.
Il 15 marzo segna invece convenzionalmente l’anniversario della rivolta siriana, nata nel contesto della cosiddetta primavera araba, una serie di movimenti popolari che si sono dispiegati nel corso del 2011 fra Tunisia, Egitto, Algeria, Bahrein, Yemen, Giordania, Gibuti, Libia.
Come abbiamo risposto alla richiesta di dignità, diritti umani, democrazia che arrivava dai popoli del mondo arabo, valori che dovrebbero costituire le fondamenta stesse delle nostre società? Quanto sono cambiate le politiche dei nostri governi di fronte ad un mutamento di scenario così rilevante? Impegnati nel salvataggio delle economie e delle finanze, hanno essi saputo sostenere quelle richieste, consapevoli che un cambiamento in senso democratico di quei paesi non può che portarci vantaggi?
Guardiamoci intorno.
Gaza, dove Rachel moriva nove anni fa, è di nuovo fra l’indifferenza generale sotto attacco israeliano, iniziato il 10 marzo con l’assassinio di Zuheir Kaisi, leader dei “Comitati di Resistenza Popolare – imprecisato il numero delle vittime, fra di loro donne e bambini.
In Siria le proteste hanno assunto connotati violenti e la repressione è feroce– le vittime si contano ormai a migliaia.
L’Afghanistan, oltre dieci anni dopo l’inizio della guerra scatenata dopo l’attentato contro il World Trade Center, vive una recrudescenza di violenza. Il rogo da parte dell’esercito USA di copie del Corano e la strage di civili inermi provocata da un soldato o forse da un gruppo di soldati denunciano la crescita di sentimenti di disprezzo e odio che si nutrono anche di islamofobia.
Et cetera.
In mezzo alla crisi economica mondiale, nel 2008, le spese militari degli stati sono cresciute del 4%. Nel 2009 il fatturato delle cento principali aziende del mercato delle armi è aumentato del 8%. Il governo italiano, che non riesce a reperire risorse per l’istruzione e il lavoro, ha confermato che nel corso del 2012 acquisterà 3 caccia F-35 al costo presumibile di almeno 140 milioni di euro ad aereo. Questo significa che la nostra politica estera continua a muoversi, complice una informazione distratta e superficiale, fra l’indifferenza e la sordità di fronte alle domande di giustizia e di dignità dei popoli e l’uso di armi sempre più letali e mai intelligenti.
La proliferazione delle armi non crea sicurezza, non porta giustizia, perché non può che essere finalizzata alla guerra. La strada della pace è certo più faticosa, ma è l’unica che può davvero garantire la nostra e l’altrui sicurezza.
Essa parte dalla conoscenza delle legittime diversità e aspirazioni di cui i diversi popoli sono portatori e passa attraverso il rispetto della giustizia sia all’interno della nostra società sia nei rapporti tra le nazioni. Questa è la strada percorsa con modestia e tenacia da migliaia di persone impegnate in progetti di volontariato nazionale e internazionale nella solidarietà e nella vicinanza, la strada che fu anche di Rachel Corrie.
Il dramma è che la voce di questa moltitudine non è ascoltata dai rappresentanti politici né tanto meno dai governi.
*tratto da http://www.centropacecorrie.it/