di Simone Luciani
Fonti radicali annunciano che, a due anni e mezzo di distanza, arrivano le prime condanne per le ingiurie a mezzo stampa subite da Mario Riccio, il medico che sospese la ventilazione artificiale nei confronti di Piergiorgio Welby. Come si ricorderà, Riccio venne processato su pubblica piazza da organi d’informazione vicini al centrodestra e al mondo cattolico, da politicanti, bioeticisti, filosofi, medici, sagrestani, e quando poi si giunse al processo vero bastò arrivare all’udienza preliminare (fin troppo…) per scoprire che aveva ragione lui. E che aveva ragione Welby.
Dunque, in primo grado sono stati condannati per diffamazione il giornalista del Giornale Stefano Lorenzetto e l’allora direttore Maurizio Belpietro (lo stesso che oggi va borbottando di deontologia professionale sul papi-gate. Ma comunque…). L’articolo in questione (per chi abbia la pazienza, e ce ne vuole molta, di leggerlo, lo abbiamo rintracciato a questo link), di Lorenzetto, uscito il 23 dicembre del 2006, è interessante perché propone una serie di stereotipi e di meccanismi riproposti in modo assolutamente identico nelle fasi finali della vita della povera Eluana Englaro. C’è un titolo urlato che propone mirabolanti scoperte che non ci sono, ossia una presunta volontà di Welby non rispettata da Riccio su come effettuare sedazione e distacco del ventilatore. Per inciso, Welby e Riccio, in realtà, concordarono le modalità dell’operazione perché l’uomo restasse lucido assieme ai suoi cari fino all’ultimo momento possibile ma non sentisse il senso di soffocamento. Quello che per Lorenzetto sembra essere un tradimento della volontà di Welby e che si chiama invece, comunemente, consenso informato. Anche su Eluana ricordiamo titoli di giornale con presunte, sconvolgenti testimonianze di amiche della donna che avrebbero dovuto ribaltare le sentenze. Poi andavi a leggere, e dicevano semplicemente che, a scuola, non era mai capitato di parlare insieme a lei della morte… Ci sono i sospetti sui parenti. Lorenzetto “stentava” a credere a Mina Welby, nonostante sia un’amabile signora che neanche la più spiccata fantasia di Agatha Christie avrebbe trasformato in orditrice di complotti assassini. Ben di più, se non altro per la lunghezza della vicenda, si è dovuto sorbire il povero Beppino Englaro, dipinto come una sorta di moderno Crono. C’è il dottor Riccio, paragonato al boia (l’abile prosa nasconde la 'sottilissima' differenza fra la sospensione di un trattamento medico non voluto e la puntura per l’esecuzione…). Proprio come i medici che hanno sospeso nutrizione e idratazione artificiali a Eluana Englaro. Come dimenticare Quagliariello (divenuto uomo di punta della PDL proprio grazie alle sparate sul caso Englaro) che urla e si agita come un ossesso in Senato urlando che la donna era stata “ammazzata”? E, in contrasto con i moderni Mengele, c’è sempre il medico “buono”, colui che vorrebbe “salvare”, colui che dispensa verità. C’è nell’articolo di Lorenzetto, e ci sono stati, durante il caso Englaro, nei salotti televisivi. Ad esempio, i due neurologi che hanno sostenuto per mesi che Eluana potesse essere alimentata per via naturale. E solo i lettori e gli ascoltatori più accorti hanno potuto sapere che uno l’aveva vista (non visitata) una o due volte, e l’altro neanche quelle (ma quest’ultimo ha rimediato una candidatura alle Europee con l’UDC, grazie alle sue comparsate).
Insomma, stereotipi che ritornano, incantati come dischi rotti. Informazione “ideologica”, l’ha definita Beppino Englaro in un’intervista rintracciabile su questo sito. E’ forse troppo signorile per chiamarla con la vera etichetta: propaganda.