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Articolo 21 - Editoriali
Cinque fantasmi e settantatre cadaveri
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di Daniela de Robert

Cinque fantasmi e settantatre cadaveri. Sono tutti qui i protagonisti, in ordine di apparizione, dell’ultima tragedia dell’immigrazione. Alcuni, a dire il vero, non sono ancora comparsi perché al momento di corpi ne sono stati trovati solo otto. Nessuna partecipazione straordinaria di forze dell’ordine, guardia costiera, guardia marina, pattuglie del Frontex. Solo la comparsata di una nave di pescatori che ha dato da bere ai sopravvissuti (allora una trentina) e li ha lasciati sul loro barcone in mezzo al mare senza dare alcuna segnalazione.

Nessun altro ha voluto partecipare a questo reality senza divi. Neanche da spettatori. Chi ha visto ha preferito chiudere gli occhi, cercare di scacciare dalla mente quei volti disperati, quei corpi consumati dal sole e dal caldo, quelle voci che con il poco fiato che ancora avevano chiedevano aiuto.

“Sono arrivati molto provati, disidratati, con ustioni sul corpo, dolori osteoarticolari, incapaci di stare in piedi, con dermatiti da mare e uno stato di forte shock emotivo. Le loro condizioni erano compatibili con una lunga permanenza in mare”. Li descrive così Licia Pera, infermiera di Medici Senza Frontiere, che da sei anni lavora a Lampedusa sia al molo per la prima verifica della salute dei migranti che sbarcano, sia al Centro di accoglienza.  Lei ne ha visti tanti, anche nei momenti più caldi come il luglio del 2008 quando ne sbarcarono a migliaia. Oggi è tornata a visitarli. “Li stanno reidratando – dice – ma ci vorrà del tempo prima che si riprendano”.

Gli effetti della legge sulla sicurezza che trasforma la clandestinità in reato cominciano a farsi sentire. Nessuno ha visto. Nessuno ha segnalato. Nessuno ha soccorso.

“E’ la naturale e inevitabile conseguenza di una politica feroce, crudele e razzista – ci dice don Vinicio Albanesi da anni dà voce alle fasce più deboli della società. Il messaggio che è passato con il pacchetto sicurezza è che noi ci prendiamo i regolari, di tutti gli altri non ci importa niente”.

Ed è stato proprio così, al punto che, a sentire i racconti dei cinque sopravvissuti, almeno una decina di imbarcazioni in queste tre settimane li hanno incrociati in mare senza fermarsi, né dare l’allarme. A conferma dei loro racconti arriva anche la dichiarazione all’Ansa delle Forze armate maltesi che ammettono di aver avvistato il gommone di aver dato “l’assistenza necessaria secondo gli obblighi internazionali di Malta”. In base al racconto di uno dei cinque naufraghi la motovedetta ha fornito loro il carburante e ha intimato di proseguire per Lampedusa, quindi ha avviato il motore perché loro erano troppo deboli per farlo da soli e ha indicato la rotta.

“Adesso comincerà il solito rimpallo delle responsabilità – dice ancora don Vinicio Albanesi. Ma quel che resta è la scelta di girarsi dall’altra parte che altro non è che la dimostrazione dell’approccio violento della nostra legge”. Una legge che regola l’immigrazione leggendo il fenomeno solo in chiave di sicurezza, dimenticando tutto il resto. Salvo poi fare un’eccezione per le badanti e le colf solo perché ci servono.

Un vuoto a perdere. Chi arriva dal mare è solo un vuoto a perdere. A parlare così Laura Boldrini, dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. “La politica dei respingimenti ha creato molta confusione e ha certamente scoraggiato gli interventi a favore dei naufraghi. Non sono considerati un valore per cui valga la pena dedicare tempo ed energie e magari rinunciando a dei guadagni”. Per questo si può tirare dritto davanti a un barcone con gente allo stremo, disinteressandosi della loro sorte.

Parole ancora più dure vengono dall’Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani: chiudiamo gli occhi come con la Shoah. Anche allora nessuno vedeva. E ancora: “Nessuna politica di controllo dell’immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino”.
Eppure è successo. C’è “un senso di povertà dell’umanità” dice Monsignor Bruno Schettino, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e arcivescovo di Capua,  per il quale la morte di queste persone rappresenta “un’offesa all’umanità e al senso cristiano della vita”.

Ora la Procura di Agrigento ha aperto un’indagine per fare luce su quanto successo e per individuare le responsabilità.
Intanto, la fuga dalla povertà, dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla fame e dalle violenze continua. “La politica – dice don Vinicio Albanesi - non ha mai voluto considerare il fatto che il movimento dei popoli è un fatto strutturale e non emergenziale. Da sempre i popoli giovani girano il mondo in cerca di cibo. E dato che noi siamo nell’abbondanza e loro sono affamati vengono da noi. Ma l’Italia e l’Europa rifiutano questo fenomeno e chiudono le porte. Ma stiamo attenti perché se non c’è dialogo e apertura saremo semplicemente travolti”.

Dunque i flussi migratori continuano, nonostante i morti, i respingimenti e la violenza dell’indifferenza. “Ma allora – si chiede preoccupato Giorgio Contessi di Medici Senza Frontiere – dove sono finiti gli immigrati che non arrivano più sulle nostre coste? Come stanno? In che condizioni si trovano?”.

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