Articolo 21 - Editoriali
Se il futuro si gioca sul sapere
di Giulia Tosoni
Le proteste di venerdì 11 dicembre del mondo della conoscenza e del pubblico impiego hanno una grandissima importanza, per quei lavoratori senza certezze, per il personale della scuola, per i docenti precari, per i ricercatori che non sanno se sotto l’Albero arriverà il rinnovo del contratto, per gli studenti, che tornando in piazza hanno dato un segnale importante.
Le prospettive future di questa mobilitazione vanno ricercate soprattutto nell’importanza del tema politico che ha posto: la scelta strategica su cui giocare il futuro del nostro Paese è la conoscenza? La risposta di fronte alla crisi può essere rilanciare su innovazione e saperi?
Secondo l’indagine di Almalaurea, effettuata su 27 mila neodiplomati, la risposta di chi ha appena terminato la scuola è “Sì”, studiare fa la differenza. Sì, studiare è la strada per raggiungere una posizione soddisfacente, per cercare di realizzare le proprie aspirazioni. Eppure, ancora, nelle scelte dei giovani, l’elemento determinante è la provenienza familiare, le condizioni sociali, economiche e soprattutto culturali dei propri genitori.
Di fronte alla sordità più completa di questo Governo, di fronte all’assenza di scelte strategiche, di riforme, di idee per affrontare la crisi, per dare una conferma alle risposte dei neodiplomati, serve qualcosa in più della sacrosanta richiesta di maggiori finanziamenti per scuola, università, ricerca.
Forse serve ricordarsi della piazza del 5 dicembre, piena di giovani che pretendono un’alternativa, un cambio di pagina, che vogliono una classe dirigente che smetta di occuparsi dei propri interessi e problemi, per tornare finalmente a quelli del Paese.
Le prospettive future di questa mobilitazione vanno ricercate soprattutto nell’importanza del tema politico che ha posto: la scelta strategica su cui giocare il futuro del nostro Paese è la conoscenza? La risposta di fronte alla crisi può essere rilanciare su innovazione e saperi?
Secondo l’indagine di Almalaurea, effettuata su 27 mila neodiplomati, la risposta di chi ha appena terminato la scuola è “Sì”, studiare fa la differenza. Sì, studiare è la strada per raggiungere una posizione soddisfacente, per cercare di realizzare le proprie aspirazioni. Eppure, ancora, nelle scelte dei giovani, l’elemento determinante è la provenienza familiare, le condizioni sociali, economiche e soprattutto culturali dei propri genitori.
Di fronte alla sordità più completa di questo Governo, di fronte all’assenza di scelte strategiche, di riforme, di idee per affrontare la crisi, per dare una conferma alle risposte dei neodiplomati, serve qualcosa in più della sacrosanta richiesta di maggiori finanziamenti per scuola, università, ricerca.
Forse serve ricordarsi della piazza del 5 dicembre, piena di giovani che pretendono un’alternativa, un cambio di pagina, che vogliono una classe dirigente che smetta di occuparsi dei propri interessi e problemi, per tornare finalmente a quelli del Paese.
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