di Coordinamento 1 luglio
Sono Stefania Tuzzi e faccio parte di una rete di ricercatori, la rete 29 Aprile che coinvolge 40 atenei italiani in lotta contro il Disegno di legge Gelmini. Sono convinta che in Italia sia in atto una fase di oscuramento totale. Quello che si sta cercando di fare con ogni mezzo è di ridurre la capacità di reazione delle persone. Questo decreto intercettazioni, così come la legge sulla scuola e sulle università portata avanti dalla Gelmini e i tagli alla cultura, sono parte di un unico progetto. Si vuole diminuire l’informazione e soprattutto si vuole ridurre la possibilità di formare menti pensanti, che possano in qualche modo opporsi a questo modo di condurre le cose. I giornali non potranno più parlare e i giovani non saranno più formati adeguatamente per capire ciò che sta succedendo. E’ un attacco pesante quello che si sta portando avanti in Italia, e che mira ad assicurarsi nel futuro un silenzio generale. Solo le dittature storicamente hanno avuto paura di scuola, cultura e informazione. Forse perché consentono alle persone di pensare. Ma perché si vuole annientare tutto questo, che c’è dietro questo disegno? Noi ricercatori stiamo portando avanti una battaglia che è l’estremo tentativo di opporsi ad un Disegno di legge che porterà alla progressiva chiusura dell’università pubblica. Noi vogliamo una università libera, pubblica e aperta, e per questo stiamo lottando. L’università, come la scuola, la cultura e l’informazione fanno paura. Noi formiamo cittadini in grado di pensare con la propria testa, mentre quello che si vuole è formare sudditi. Continuo a pensare che aveva ragione don Milani, quando diceva che se c’è una persona che sa cinquecento parole e una che ne sa duemila, una è l’operaio e l’altra è il padrone. Noi ricercatori continueremo a combattere contro tutti i bavagli, per continuare ad insegnare duemila parole.