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Articolo 21 - Editoriali
Giacchino Genchi: "nel momento in cui si mina il processo penale, si attacca la tutela del diritto, la possibilità che i magistrati accertino le responsabilità"
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di Coordinamento 1 luglio

GIOCCHINO GENCHI/CONSULENTE TECNICO DELLE PROCURE

Sono Gioacchino Genchi, definito da Silvio Berlusconi appena un anno fa, il più grande scandalo della Repubblica.

Proprio quando Berlusconi colpendo me cercava di prendere due piccioni con una fava: colpire Gioacchino  Genchi un poliziotto un investigatore libero che aveva lavorato con i migliori magistrati italiani alle più importanti indagini, come Falcone e Borsellino e loro indagini sulle stragi, utilizzando gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione di chi fa le indagini così come sono a disposizione di chi delinque come il crimine organizzato e la mafia.

 In questa rincorsa dell’ingegneria del bene all’ingegneria del male, si cerca di stare a passo coi tempi perché ormai la mafia e la criminalità non usa solo le pistole, i fucili o l’esplosivo. Utilizzano principalmente i cellulari, internet e le nuove tecnologie. E in un sistema così fatto le intercettazioni telefoniche, le indagini tecniche e scientifiche sono lo strumento più importante per arrivare alle verità, alle certezze, per interrompere i grandi percorsi criminale del traffico della droga e le estorsioni.

Quindi nel momento in cui si mina il processo penale, si attacca la tutela del diritto, la possibilità che i magistrati accertino le responsabilità, non solo  per i delitti commessi dagli extracomunitari, dai vucumprà, da quelli che vendono le marche o CD contraffatti, ma anche dei grandi criminali della finanza, di coloro che si arricchiscono col traffico della droga, che gestiscono gli appalti, che vanno a braccetto coi politici, che subornano il consenso elettorale nelle grandi zone della periferia di Napoli, di Caserta, della Calabria, della Sicilia.

In questo caso oltre all’attacco sistematico ai giudici, ai giornalisti, ai PM e agli investigatori liberi c’è l’attacco alle intercettazioni telefoniche. E con l’attacco alle intercettazioni si approfitta di un unico pacchetto  per mettere il bavaglio alla stampa libera. Per impedire che quel poco che dovesse passare come fatto residuale di attività che portano delle prove,  perché in Italia c’è ancora gente che non vuole arrendersi, si impedisce di pubblicare e di diffondere le notizie. Si mette il bavaglio perfino al processo penale, contrabbandando 2000 anni della storia d’Italia, che ha voluto che il processo penale fosse pubblico perché tutta la gente potesse celebrare la vittoria della verità prima ancora di quella della giustizia. È quindi un momento di riflessione e di protesta verso uno dei più grossi attacchi che la democrazia italiana abbia subìto dopo la caduta del fascismo.

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