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Articolo 21 - Editoriali
Pogrom e stragi razziste: un presente cupo un avvenire minaccioso
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di Annamaria Rivera

In pochi giorni il ventre razzista dell'Italia ha partorito un pogrom contro una collettività rom e una strage di cittadini senegalesi compiuta con modalità da Ku Klux Klan.
Il primo episodio è accaduto in un quartiere popolare per antonomasia, Le Vallette di Torino; il secondo fra la periferia e il centro di Firenze, città reputata tollerante, democratica, civile per eccellenza. Il pogrom torinese ha avuto come vittime i capri espiatori di sempre, quelli che - dicono sondaggi e inchieste - occupano il primo posto nella scala dell'antipatia, del disprezzo e della xenofobia.

All'opposto, la strage di Firenze ha colpito coloro che, fra i migranti, sono i più ‘integrati', accettati, se non benvoluti.
In entrambi i casi, l'informazione si è comportata secondo quella coazione a ripetere che è uno dei tratti peculiari del circolo vizioso del razzismo all'italiana. Infatti, perfino un quotidiano progressista come La Repubblica sulle prime sembrava dar credito alla falsa accusa di stupro contro i rom, architettata da una giovane ‘peccatrice' dal cervello infarcito di stereotipi razzisti ("puzzavano", "uno aveva una grossa cicatrice sul viso"...). E non è l'esempio più scandaloso. Ben peggio ha fatto La Stampa. Infatti, il titolo del pezzo di cronaca del 10 dicembre, firmato da Massimiliano Peggio (il gioco di parole è involontario), così recitava: "Mette in fuga i due rom che violentano la sorella. Vittima una sedicenne: caccia agli aggressori".

Finanche di fronte a una violenza omicida così palesemente razzista come quella fiorentina, un altro quotidiano, La Nazione, non ha saputo resistere alla tentazione di parlare di "regolamento di conti".

Non diversamente si atteggiò la stampa mainstream in occasione della strage di camorra di sei lavoratori subsahariani, compiuta nel 2008 a Castelvolturno: i primi pezzi di cronaca cercarono d'insinuare la tesi di uno scontro fra clan di nazionalità diverse. In quel settembre del 2008 solo una minoranza d'italiani - i soliti antirazzisti: intellettuali, attivisti, organi d'informazione di nicchia - si allarmò per un'escalation di violenza razzista che in quattro giorni aveva fatto ben sette vittime, da un capo all'altro della Penisola: oltre alla strage di Castelvolturno, l'assassinio, a Milano, di Abdul Guiebre, diciannovenne italiano con genitori del Burkina Faso.

Oggi la storia si ripete: i pogrom contro i rom - tali in senso proprio, benché per ora incruenti - avvengono con le stesse modalità nel Sud come nel Nord d'Italia, spesso in quartieri un tempo ‘rossi' e operai, spesso ispirati anche da interessi economici assai concreti. Alle Vallette la miccia simbolica che ha appiccato il rogo reale dell'insediamento rom è stata un'accusa da manuale del buon razzista antigitano.

Ancor più classica la leggenda che in un altro quartiere popolare, Ponticelli, a Napoli, sempre nel 2008, servì da detonatore dell'attacco razzista che costrinse alla fuga tutti i rom della zona: la figlia di un camorrista aveva accusato una sedicenne rom di aver tentato di rapirle il bebè. La povera ragazza fu poi condannata a una pena severa da giudici forse anch'essi educati da genitori che li minacciavano: ‘Non fare il cattivo, se no ti rapiscono gli zingari!'. In entrambi i casi il pogrom si svolge secondo il tipico copione che vede protagonista una folla inferocita composta anche da famigliole: donne e bambini compresi, riferiscono le cronache.

Più ‘anomala' è la strage fiorentina, almeno rispetto al contesto italiano. Ed è essa a segnare una svolta minacciosa nel ventennio abbondante di crimini razzisti che inizia almeno nel 1989, con l'omicidio di Jerry A. Masslo. E non solo perché compiuta da un killer, Gianluca Casseri, apertamente razzista, nazista, negazionista, iscritto o comunque frequentatore abituale di Casa Pound, ovvero dei "fascisti del terzo millennio": troppe volte protetti e legittimati dalla destra ‘perbene', in qualche caso banalizzati perfino da ambienti di sinistra. Quel che rende ancor più allarmante questo massacro è che sia stato compiuto non in un ambiente marginale, degradato, caratterizzato da conflitti di prossimità, ma nel cuore di Firenze, con freddezza e determinazione, senza alcuna personalizzazione dei bersagli: tali solo perché ‘negri' e perciò pura selvaggina.

Inoltre, fra l'agguato mortale in piazza Dalmazia e il nuovo tentativo di strage in San Lorenzo passano più di due ore: è solo dopo che "gli investigatori si mettono alla caccia dell'assassino", per dirla alla maniera dei giornali. Qualcosa di simile è accaduta alle Vallette: le forze dell'ordine sono arrivate solo a corteo e pogrom compiuti. Sarebbe accaduta la stessa cosa se un "extracomunitario", come dicono loro, si fosse scatenato nella caccia ai bianchi, armato di una 357 magnum? O se degli "zingari" si fossero messi in marcia per incendiare un quartiere ‘bene' di Torino?

Oggi si cerca di far passare Casseri per un pazzo isolato, quando invece non si contano i siti e i giornali on line dei quali era collaboratore abituale, in compagnia di pezzi grossi del ‘pensiero' di estrema destra. Fra questi, Gianfranco de Turris, ben noto non tanto quale ‘studioso' dell'opera di Julius Evola ma piuttosto come caporedattore per la cultura del Giornale radio RAI. Non v'è impresa ‘culturale' compiuta dallo stragista suicida (o suicidato?) che non lo veda in sua compagnia. Casseri e de Turris sono fianco a fianco nel Centro Studi La Runa (che ora, con scarso senso di rispetto per il defunto, ne ha cassato gli articoli). I due si scambiano i ruoli di relatore e moderatore in numerosi convegni e incontri di studio (si veda, prima che lo cancellino: http://ko-kr.facebook.com/note.php?note_id=335652373875). E l'uno, de Turris, scrive prefazioni o presentazioni alle opere dell'altro.

Un pazzo isolato? Ci spieghino allora come mai un giornalista RAI frequentasse un simile folle e la RAI spieghi ai cittadini italiani perché abbia (o abbia avuto per tanti anni) come redattore uno che, oltre a recensire e divulgare robaccia neonazista, aveva frequentazioni così pericolose. Fra l'altro, Casseri era attivo collaboratore del sito Stormfront, avatar del Ku Klux Klan: dunque, non è in senso metaforico che rimarchiamo lo stile da incappucciati della strage fiorentina.

Infine: da molti anni chi scrive cerca di mettere in guardia dalla saldatura pericolosa che in Italia si è realizzata fra il razzismo istituzionale e quello popolare, grazie all'opera ‘pedagogica' svolta dalla Lega Nord nonché da governanti e amministratori di ogni tendenza, con l'attiva complicità di buona parte dei media e la connivenza, esplicita o implicita, di alcune élite. Oggi appare evidente come il cumulo di pacchetti-sicurezza, leggi e norme tesi a discriminare, inferiorizzare, perseguitare immigrati e rom abbia ottenuto anche il suo secondo scopo: accendere le torce di folle inferocite e armare la mano di killer razzisti. Con l'avanzare della crisi, della disoccupazione e dell'impoverimento di massa, della disgregazione sociale e del rancore collettivo che diviene razzismo, ne vedremo sempre di più. A meno che il conflitto sociale non imbocchi la strada giusta della lotta contro i poteri finanziari ed economici responsabili di una tale catastrofe e contro i loro comitati d'affari insediati nelle istituzioni.

Da Micromega on line

 

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