di Pina Picierno*
Più di 400 iscritti, messaggi in bacheca dal contenuto violento, foto che ritraggono persone armate, cognomi più che noti in quel di Casal di Principe, terra d’azione del clan dei Casalesi. Ho aperto un gruppo anch’io: “Rimuovere il gruppo “Casalesi” per raccogliere la protesta degli utenti che si sentono feriti e indignati da una tale ostentazione di impunità e di orgoglio camorrista.
Il compito di tutti noi è molto semplice:
1) Andare sulla pagina del gruppo “Casalesi”, cliccare su “Segnala” e inviare agli amministratori di Facebook il messaggio automatico che compare per chiedere l’immediata rimozione della pagina.
2) Cliccare su http://www.poliziastato.it/pds/file/files/uffici_mail_postale_6_2008.pdf, cercare l’indirizzo mail dell’ufficio di Polizia Postale più vicino a noi e inviare una segnalazione.
L’obiettivo non è solo cancellare il gruppo da Facebook, ma anche quello di spingere la polizia postale a una maggiore vigilanza e prevenzione su come i mafiosi e i camorristi utilizzano il web per comunicare tra di loro.
Basta scorrere i messaggi in bacheca per rendersi conto che in questo caso, come in molti altri che ho denunciato, spazi pubblici e aperti a tutti vengono utilizzati da affiliati e latitanti per comunicare tra di loro, oltre che per una operazione “pubblicitaria”.
Il Ministro Maroni non ha mai risposto a nessuna delle interrogazioni che ho presentato in proposito: credo sia un nostro preciso diritto sapere cosa fanno le forze di polizia in questo nuovo ambito, complesso e fondamentale.
Sappiamo che i criminali utilizzano Skype, perché esente da intercettazioni. Sappiamo che si parlano su You Tube, fra i commenti dei video di cantanti neomelodici. Sappiamo che usano Facebook, dove abbondano i gruppi per questo o quel boss latitante.
Si dovrebbe affrontare la questione evitando azioni mediatiche inutili se non dannose, come quelle che introducono forme più o meno improbabili di censura sul web.
Il punto infatti non è la censura: qualunque azione di controllo “preventivo” non sarebbe accettabile, proprio perché internet si basa sullo scambio di informazioni in tempo reale.
Il punto vero è sapere se c’è un’attenzione adeguata, con mezzi adeguati, da parte delle forze di polizia per seguire le tracce dei crimini che corrono sul web.
Ci sono già tre mie interrogazioni parlamentari a cui Maroni potrebbe rispondere, per aiutarci a capire tutto questo:
- una sull’uso di You Tube, Skype e le altre tecnologie Voip da parte dei camorristi
- una sul gruppo Facebook (poi rimosso) in onore del boss Giuseppe Setola (mandante della strage di Castelvolturno)
- infine quella presentata ieri, su quest’ultima bella scoperta del gruppo “Casalesi”.
Arriverà qualche risposta? Oppure dobbiamo accontentarci delle conferenze stampa che celebrano la Polizia Postale, confidando che dietro a ognuna di queste pagine ci sia almeno un onesto servitore dello Stato che identifica criminali e camorristi?