di Bruna Iacopino
La Tunisia è condannata a dormire ancora sonni poco tranquilli. Il Governo di transizione non segna quel salto che ormai da un mese i tunisini chiedono a gran voce durante le manifestazioni di piazza, gli scontri e il sangue versato. Risultano infatti riconfermati ai posti chiave, il Ministero dell’Interno, della Difesa, Finanza ed Esteri i precedenti esponenti del Governo, cosa che ha suscitato le immediate reazioni dell’opposizione e anche del principale sindacato tunisino, l’Ugtt. Si rincorrono infatti in queste ore, le voci sulle dimissioni di ben 5 ministri, 3 dei quali sarebbero rappresentanti del suddetto sindacato e altri due dell’opposizione, appena nominati. Le notizie continuano a rimbalzare sui social network, da twitter a face book. Fra i video postati in queste ore anche quello dell’ennesima protesta popolare che questa mattina ha di nuovo infiammato le strade della capitale. Un centinaio di persone sono scese in piazza al grido “ Abbasso la dittatura!”. In contemporanea altre manifestazioni sono state annunciate anche nei centri minori, Sidi Bouzid, Regueb, Kasserine (le città da cui è partito il movimento di rivolta), e a Sfax.
Si susseguono gli appelli alla mobilitazione ma anche alla comunità internazionale alla stessa RCD, il partito di Ben Ali. Un appello affinchè gli uomini della Rcd tornino ad essere servitori dello Stato e non del partito è stato diffuso dal sito nawaat.org, che ha seguito passo passo tutta la protesta, è necessario, si legge su nawaat, che venga costituita una commissione indipendente in grado di eliminare la dimensione del privilegio e della corruzione da coloro che dovrebbero essere servitori dello stato e soprattutto ristabilire l’indipendenza dei media dal dominio assoluto a cui finora sono stati sottoposti.
E in nome della libertà di espressione e del diritto-dovere di informare, ha trovato la morte il giovane giornalista francese ferito nei giorni scorsi mentre stava cercando di raccontare gli scontri di fronte al Ministero dell’interno. Il suo nome era Lucas Mebrouk Dolega, aveva 32 anni. Rèporters sans frontieres, nel ricordarlo dalle pagine de suo sito, parla di “un’azione intenzionale” da parte delle forze dell’ordine tunisine e non di un semplice incidente. Un episodio sul quale andrà fatta piena chiarezza come su tutte le morti e le violenze che nell’ultimo mese hanno insanguinato il paese.