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Articolo 21 - Editoriali
In ricordo di Lucio Magri
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di Vincenzo Vita*

Riceviamo e di seguito pubblichiamoi l'intervento in Senato di Vincenzo Vita:

Signor Presidente, colleghe e colleghi, è scomparso ieri, all'età di 79 anni, Lucio Magri.
Certamente lo ricorderemo per la straordinaria intelligenza, per l'acutezza politica, per la visione culturale e intellettuale che, non condivisa da tanti, fu apprezzata pressoché da tutti.
Corre l'obbligo morale di salutare una figura tanto importante per la storia della sinistra italiana, e non solo.
Lucio Magri ha consegnato a noi una richiesta: non fare "inutili commemorazioni", non dare luogo a celebrazioni rituali o a ricordi pieni di stereotipi. Quindi, non farò nulla di ciò che Magri non avrebbe voluto qualcuno facesse dopo la sua scomparsa. Intendo solo ricordarne la grande qualità politica. Voglio evocare il suo stile, della e nella politica. Anzi, forse l’immagine che più preme a chi di noi ha avuto il piacere e l'opportunità di conoscerlo, militando insieme a lui per tanti anni nel Partito di unità proletaria per il comunismo, è quella forma peculiare di approccio al pensiero politico, direi lo stile de «il manifesto»: uno stile, oltre che un pensiero, cioè un modo insieme sobrio, elegante e profondo di raccontare la realtà. Aveva anche il piacere della minoranza, non per gusto estremista (Lucio Magri non fu mai un estremista), ma per la capacità di andare controcorrente, anche quando la corrente andava da un'altra parte in modo rigoglioso.
Dopo una prima esperienza politica nella gioventù democristiana, negli anni cinquanta entrò nel Partito comunista italiano e cominciò il suo cursus honorum: dapprima nella segreteria del PCI a Bergamo, poi nel direttivo regionale lombardo e, infine, nella mitica Botteghe Oscure. Era uno dei giovani più stimati di quel partito, così importante nella storia italiana, ma non esitò, insieme a Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Eliseo Milani, Luciana Castellina, Massimo Caprara e tanti altri, ad uscire dal Partito Comunista per profonde divergenze sulla questione internazionale, sul giudizio sulla Cina. Oggi, sembra quasi assurdo parlarne in un sistema politico spesso tumultuoso.
Diede vita alla rivista «il manifesto», poi diventata quotidiano, ancora oggi in edicola (e speriamo continui ad uscire!). Rientrò nel Partito comunista, ma ne se ne andò verso Rifondazione comunista, finché uscì del tutto dalla parte pubblica della politica.
Vorrei, in conclusione, invitarvi a leggere le bellissime pagine di un libro straordinario, intitolato «Il sarto di Ulm. Una possibile storia del PCI». Il titolo è una citazione da Brecht. Si riferisce a quel sarto che sognava un mondo più bello e che, pensando di avere le ali, cade. Non riesce a volare.
Nel libro, uscito nel 2009, si ripercorre tutta la grande storia del Novecento. Di quel libro, che è un po' il suo testamento politico, spirituale, civile e morale, cui tutti dobbiamo guardare, rivalutandone il pensiero con molto impegno, voglio citare una frase, contenuta nella sua introduzione, che forse faceva già allora immaginare il percorso conclusivo della vita di Lucio Magri: «Per una persona ormai anziana l'isolamento è dignitoso, ma per un comunista è il peccato più grave, cui rendere conto. “L’ultimo dei Mohicani” può essere un mito, il comunista solo, e arrabbiato, rischia invece il ridicolo se non si tira da parte».
Preferì ritirarsi da parte. Ora lo salutiamo con nostalgia, commozione, ma con l'impegno a mantenere vivo il suo pensiero, che oggi è più attuale che mai.





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